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EDO
Roberto Recce
Un bel giorno di giugno, Edoardo Squarciafico iniziò a secernere bile dalla pelle. Era di una tonalità più tendente al nero che al giallo, con venature verdi che richiamavano l’Irpinia post-terremoto.
Tale inconveniente causò grande scandalo: la madre, coprendosi gli occhi con i dorsi delle mani, si chiedeva perché il suo figliolo non avesse contratto una malattia «seria», di quelle che fanno perdere i capelli o i denti, fanno diminuire peso, tolgono ogni residuo di vita e fanno ricevere la pietà di tutti; la compagna, sigaretta spenta in bocca, decise di lasciarlo seduta stante: troppo fresco il ricordo di quei rivoli neri colanti sui talloni; i colleghi di lavoro, mani dietro la schiena, finsero di non aver mai avuto chissà quale rapporto con lui; il paesello tutto prese le debite distanze, ostracizzandolo in modo silenzioso e cordiale.
Edoardo, ormai perduto, decise di farla finita: si diresse verso il ponte provinciale e si buttò giù. Un tonfo e una chiazza nera si espanse al suolo.
Venne seppellito in un barattolo di latta, egregiamente sigillato.
Roberto Recce
Programmatore informatico. Vive in Irpinia e… niente, questo.


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