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PREDE
Pietro Nunziata
Che le donne siano fatte per essere ingravidate è cosa risaputa. È scientificamente provato. Voglio dire, signore, sembra un’affermazione bella forte ma sono sicuro che capirà e mi darà ragione.
Ha presente la teoria dell’evoluzione? Allora: noi siamo animali. In quanto tali, abbiamo dei compiti specifici: il principale è quello di assicurare la sopravvivenza della specie. Per farlo, bisogna accoppiarsi; è cosa ovvia. Apro una parentesi: questo conferma le teorie secondo cui l’omosessualità sia una devianza da eliminare. Anche se, a pensarci, le femmine omosessuali possono essere ingravidate. Perché sprecare degli uteri funzionanti? Dicevo… in base alla teoria dell’evoluzione, siamo programmati biologicamente per perpetuarci nel tempo. E siamo delle macchine quasi perfette. Dico “quasi” perché esistono gli omosessuali e le malformazioni fetali; quindi, ogni tanto un difetto salta fuori. Comunque, il programma di accoppiamento umano prevede due cose. Uno: le donne, i soggetti portatori di utero, devono accoppiarsi con il maschio migliore. Due: gli uomini, i soggetti donatori di vita, devono accoppiarsi con il maggior numero possibile di femmine. Questo programma, al netto dei fallimenti, cioè soggetti omosessuali, aborti, feti deformi, eccetera, assicura la sopravvivenza alla specie umana.
Ora, si capisce che il compito della femmina, attrarre il maschio migliore, abbia richiesto lo sviluppo di parti anatomiche seducenti, per esempio: seno, culo, fianchi, labbra carnose.
Si capisce, altresì, che il compito del maschio, ingravidare il maggior numero possibile di femmine, abbia richiesto l’assenza di controllo dinanzi alle parti attraenti.
Questo fatto è una verità nota dall’alba dei tempi. L’uomo è cacciatore e la donna è preda. All’uomo piace cacciare. Alla donna piace essere predata.
Io sono un donatore di vita. Assolvo il mio compito. E sono bravo. Del resto, è la mia natura; è Dio che mi ha fatto così, a sua immagine e somiglianza. Amen.
Come dice, signore? Sì, certo che credo in Dio. Ma non sono un praticante. Diciamolo pure, oggi la Chiesa fa di tutto per tenere fuori noi credenti. Come si fa ad affacciarsi al balcone facendo omelie contro la povertà mentre s’indossano anelli e crocefissi d’oro? Gesù Cristo impalerebbe quei pedofili con la croce se fosse tra noi. Perché mi guarda così? Chi? La prima? Certo, non ho problemi a parlarne. Non ho fatto nulla di male.
La prima donna a cui ho donato vita era una femmina di sedici anni. Una liceale. L’ho vista uscire dalla scuola. Capelli rosa, gonna corta, bel seno, bel culo, labbra un po’ sottili per i miei gusti, ma com’è che si dice? A caval donato non si guarda in bocca! Era pronta. Pronta ad accogliere la vita. Sono stato bravo. Non le ho fatto male. Quando le ho puntato il coltello alla gola, ha pensato che fossi un rapinatore. Oggi, il mondo è un posto pericoloso e lei lo sa bene! Le cosiddette “forze dell’ordine” dovrebbero impegnarsi di più. Forti coi deboli e deboli coi forti. Io non potrei mai fare il rapinatore. Odio l’idea che qualcuno possa portarmi via qualcosa. Non fare agli altri quello che non vuoi gli altri facciano a te! Tornando alla mia prima volta, spiegai a capelli rosa che non volevo certo derubarla ma donarle vita. All’inizio non capiva, poi, però, è stata brava. Non ha gridato. Non si è nemmeno mossa più di tanto. Magari fossero tutte così! Sono sicuro che le piacque. Ricordo ancora il suo odore. Le donne giovani hanno un buon profumo, lì sotto intendo. Del resto, essere possedute da sconosciuti è una delle fantasie sessuali più comuni fra le donne. Mi sono documentato.
Che cosa dice, signore? Ecco, diciamo che ormai sono molto esperto. Capisco da come si muovono chi farà la difficile e chi, invece, sarà come capelli rosa.
La seconda, per dirle, a momenti mi faceva perdere un occhio. Un tipo combattivo. Di quelle che urlano, si dimenano, e rendono tutto più difficile. È normale. Il sesso rude è un’altra fantasia comune fra le donne, soprattutto delle più mature. Io non amo la violenza, ma qui non si tratta di me, o di loro; qui c’è in gioco la sopravvivenza della specie. Ho imparato a usare pugni e calci, a legare mani e a chiudere la bocca. In questa precisa sequenza. Ho provato a cambiare i vari passaggi, ma non è andata bene. Bisogna colpirle alla testa per farle calmare, prima con pugni e, se serve, una volta a terra, anche con calci; poi è necessario legare le mani con del nastro adesivo, dietro la schiena: se le mette davanti rischia di perdere un occhio; infine, consiglio di usare calzini appallottolati per tappare la bocca insieme al nastro adesivo, che non siano troppo grandi o potrebbero soffocare. Si dimeneranno, tenteranno di gridare, piangeranno, ma stia certo che a loro piace.
Che cosa? Ma no, non mi piace picchiare le donne! Ripeto, anche questa è una fantasia molto comune. E poi sono attento, io non sono un violento. Uso solo la forza necessaria a tenerle ferme, o l’operazione non sarebbe per niente semplice.
No, signore, lei non mi sta ascoltando!
All’ultima non volevo che accadesse niente di male. Ma si capisce da quanto ho detto che per me non avrebbe senso fare del male alle donne. Se muoiono, come posso garantire la sopravvivenza della specie umana? Voglio dire, mi pare logico. Anzi, non la prenda male, ma il fatto che io debba stare qui seduto per spiegare queste cose la considero un’ingiustizia.
Comunque, dicevo, all’ultima non volevo che accadesse niente di male.
Era così bella. Occhi verdi, capelli lunghi e mossi che profumavano di camomilla e le sfioravano il culo. Un seno enorme. Secondo me, una quarta. Fianchi belli larghi. E il suo odore, lì sotto, ricordava quello dello zucchero filato che mangiavo da bambino. Insomma, signore, un esemplare da riproduzione bellissimo. Una vera e propria macchina Wper l’accoppiamento. L’ho vista al parco un giovedì pomeriggio di fine maggio, e l’ho osservata per un mese. Anche lei mi guardava. Mi aveva scelto, lo so. Lo capisco quando mi scelgono. Sono un ottimo esemplare. Trentaquattro anni, laureato, fisico atletico. Non bevo. Non fumo. Una persona per bene. Insomma, le donne lo percepiscono quando sono dinanzi a un ottimo esemplare per l’accoppiamento. Così mercoledì sera, dopo averla salutata, l’ho seguita. Le ho messo dentro la vita, non è stato difficile. Lo voleva anche lei. Era una capelli rosa.
Non mi offenda! Dovrebbe fare attenzione alle parole che usa, signore. Io non sono un ladro Rom che a stento parla l’italiano. E comunque, tra me e l’ultima donna c’era qualcosa di magico. Perché ora alza la voce? Mi lasci spiegare.
Sa, è stato diverso. Credo che me ne fossi innamorato. Non ho mai perso così tanto tempo prima di agire. Con le altre si è trattato solo di assicurare la sopravvivenza della specie. Con lei, no. Mi piaceva. Il modo in cui camminava, quasi come galleggiasse. Il modo in cui salutava le persone che incontrava. L’eleganza con cui si metteva seduta sulla panchina, prima di leggere o di ascoltare musica.
Come potevo immaginare che si sarebbe uccisa? Dio Santo! Commettere un tale atto, con una vita in grembo per di più! Se avessi saputo che era già incinta, non avrei perso tempo. Mi sarei concentrato sulla ragazza che corre nel parco nei giorni pari. Però, come le ho già detto, tra noi due si era creato un bel legame. Lo dico perché prima di procedere mi sono seduto accanto a lei e abbiamo parlato; di romanzi – stava leggendo “Il maestro e Margherita”; del gelato dello chalet del parco – secondo me è sopravvalutato; dei bambini – ormai sempre più maleducati – che scorrazzavano sulle bici creando scompiglio. Insomma, signor commissario, non me l’ha mica detto che era incinta. Eppure, fra tutte quelle parole, avrebbe potuto farlo.
No, non dica queste cose. Non sono uno stupratore. Io non sono come quelli. Per inciso, a quelli io taglierei le palle e il cazzo. I magistrati comunisti gli danno qualche anno e poi sono fuori.
No! Signor commissario, lei non mi ascolta! Le ripeto che non sapevo che fosse incinta. E nemmeno che avesse tendenze suicide. La gente non sta bene. Puoi parlare con un pazzo, un deviato, un depresso, e non saperlo. Questa cosa fa paura, vero?

Pietro Nunziata nasce sotto il segno dei Pesci nel 1987, e questo lo rende mutevole di natura. Suoi racconti sono comparsi in due antologie: Storie dell’Altro Mondo, a cura di Quadernetti; Un anno di racconti, per Itaca Colonia Creativa. Altri racconti sono stati pubblicati da: Quaerere, Malgrado le Mosche, Rivista Blam!, Offline, Topsy Kretts. Ha seguito corsi, laboratori e workshop di scrittura presso Itaca Colonia Creativa. A settembre 2025 fonda Metamorphosis, la rivista in continua trasformazione. Odia le biografie.
Mail: nunziatapietro@gmail.com
Facebook: Pietro Nunziata


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