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DIO IN PSICHIATRIA
Eva Moriconi

Perché si appendono i crocifissi nelle cliniche psichiatriche?

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Uno: per tranquillizzarti. Non preoccuparti, se il figlio di dio è morto, prima o poi ci riuscirai anche tu, non demordere.

Due: per ricordarti, ‘C’è chi ha sofferto più di te, non lamentarti’.

Tre: un monito dell’infermiere per dirti, ‘Prova a far casino durante il mio turno notturno che ti appendo accanto a questo qua’.

Quattro…

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“Perché hai coperto il crocifisso con una maglietta?”

“Mi dà fastidio e poi non ci sono appendini…” Ci sono limiti alle cose che posso accettare: passi il ricovero in psichiatria, i farmaci, le sbarre alla finestra, ma il morto in croce no.

“Devi toglierlo.” L’infermiere è agguerrito.

“No.”

“Non si può coprirlo.”

“C’è scritto nel regolamento?” ribatto, risvegliandomi dal torpore dei farmaci che mi ha costretto a letto l’intera mattinata.

“Ti ho detto che non si può.”

“Non vedo da nessuna parte un cartello ‘Non appendere le magliette sul crocifisso’.” “Guarda che chiamo la direttrice.” Niente, non molla.

“Faccia quello che vuole, l’aspetto qui non mi muovo” gli sorrido amabile. Paziente uno, infermiere zero.

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Mi riaccascio sul letto: davvero l’unica cosa che riesco a controllare in questo momento è una maglietta appesa alla croce? Ho provato a tirare giù quel cadavere di terracotta, ma l’hanno murato. Di tutti i misteri dell’essere umano la religione rimane il più insolvibile assieme alla guerra… infatti vanno a braccetto. Ma poi che fastidio gli dà? La stanza è la mia, anzi, la nostra, anche se la mia vicina di letto dorme sempre. Ma come fa a dormire così tanto? Un po’ la invidio. Spegnere il cervello per ore e ore…. E io?Sono passati già due giorni ma non accenno a calmarmi. Forse è colpa mia? Non voglio ‘guarire’ per paura di fallire? Ma fallire in cosa? In tutto ovviamente, nella vita stessa. Che cazzo di testa che mi ritrovo. Vorrei un guardaroba di teste così da scegliere quale avvitare ogni giorno su questo corpo esausto.

“Sei in fase acuta, devi avere pazienza, dobbiamo trovare la terapia giusta”, mi continuano a ripetere gli psichiatri di turno. Un plotone di psichiatri, ogni giorno uno diverso. Ma come fanno a ricordarsi di ogni paziente? Mah. Devo fidarmi, dicono, e provo a convincermi:  anche perché lo yoga e la mindfulness hanno fallito. Già… E se chiamassi invece la Regina di Cuori? O regina, ordina ai tuoi scagnozzi di staccarmi la testa, ve ne prego! Senza testa, senza pensieri, senza pugnalate invisibili.

Il cavaliere senza testa, sì, proprio lo invidio. Cavalca tranquillo nella notte senza un pensiero, senza un timore: taglia teste per rendere un servizio all’umanità. Altro che psicologi, psichiatri, politica, religioni, guerre… una bella lama affilata è tutto ciò che serve. Toc toc.

Una testa avvitata a un camice rosso fa capolino dalla porta. Ma cosa serve bussare se entrate dopo un nanosecondo? Non si può nemmeno stare in pace con la propria macabra immaginazione qua dentro. La testa scompare. Ma che cazzo voleva? Ah… Già… Sono in regime sorvegliato. Manco quarantotto ore ci ho messo per farmi notare. Grande performance ieri sera: cercare di tagliarmi col bicchierino da caffè rinchiusa nel bagno, imprecando contro la plastica riciclata e quegli spioni degli infermieri. Il medico di guardia: “Ringrazia che non ti abbiamo fatto il TSO.”

‘Grazie, grazie voglio ringraziare il pubblico per…’ ma incredibilmente ero rimasta zitta.

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“Devi toglierla” mi ordina indignata la donna delle pulizie indicando il crocifisso. Ma è una coalizione? Anzi una processione di coalizzati contro la mia maglietta?!

“Ma perché ti da fastidio? È la mia stanza!”

“Devi toglierla, non puoi coprirlo.” Al prossimo ricovero regalerò a tutti un bel dizionario dei sinonimi.

“No, non la tolgo, non è giusto, io sono atea.”

“Ma gli atei non sono contro dio” ribatte appoggiando le mani su quei fianchi lardosi. “Be’, io sì.”

“Ma gli atei sono atei, mica contro dio.” Niente, impossibile uscirne, a meno che… “Senti, i morti mi fanno impressione, e poi con tutti quei chiodi! Sai cosa mi succede se la tolgo? Mi vengono gli incubi, sogno sangue e inizio a urlare di notte.”

‘Non ridere, Lea, non ridere.’ “Ah. Allora ok.”

La porta si richiude.

‘Ma vaffanculo’. Ma non riesco nemmeno a godermelo questo vaffanculo telepatico perché i farmaci stanno cominciando a fare effetto. Quante gocce di ansiolitico mi hanno dato questa mattina? Tante, troppe, una flebo intera. L’infermiera mi guardava con preoccupazione mista a commiserazione, e forse anche un po’ di paura – quando urlo mi ci metto d’impegno e ieri ho dato il massimo – Mi riprometto di non farlo mai più con nessuno. Le palpebre si fanno sempre più pesanti. I contorni della maglietta incriminata sbiadiscono così come la mia voglia di polemizzare. Mi sdraio sul letto abbracciando il cuscino e… raggiungo la mia compagna di stanza nella quiete delle sinapsi.

~

“Che dici, la togliamo?” qualcuno sussurra nella mia stanza, ma io sono troppo rincoglionita. Meglio tenere gli occhi chiusi facendo finta di dormire.

“E poi che facciamo, giochiamo a togli, metti, togli, metti?” Rumore di piatti. Stanno portando il pranzo.

“Ma non possiamo lasciarla, è sacrilego.”

“Dai compa’, lasciamo stare, Dio l’ha punita abbastanza, questa sta fuori.”

Che faccio? Mi alzo e mi avvento su di loro? No, meglio rimanere immobile. Sono troppo debole e la prospettiva di un TSO non mi alletta.

“E come l’avrebbe punita?”

“Be’, sta qua è matta, o per lo meno non sta bene.” “Già però…”

“Però cosa?”

“Anche noi siamo qua, però questa miscredente il culo dei vecchi mica li pulisce.” “Cumpa’ che ti devo dire. Il Signore opera in modi misteriosi.”

Vorrei applaudire, ringraziarli. Chi l’avrebbe mai detto che la psichiatria poteva essere divertente? Un po’ bigotta, ma d’altronde abito in Sicilia da anni, dopo un po’ ci fai l’abitudine a… provocare.

Fingo di svegliarmi adesso.

“Buongiorno” sorrido angelica.

“C’è il pranzo” sibila il più anziano.

“Grazie” sorrido di nuovo. Ho un bel sorriso, e i due fan del paradiso si sciolgono un poco. Meglio il sorriso di una miscredente carina che quello di una vecchia bipolare che puzza di piscio.

“Senti…” azzarda il più giovane incoraggiato dal mio sguardo assonnato. “Ma tu non credi proprio in dio? Non preghi?”

“Eh no, mi dispiace.”

“Ma perché non provi a pregare sai… Nel caso ci fosse un dio?”

“E tu perché non provi ad appendere una treccia d’aglio alla porta, sai… Nel caso ci fosse un vampiro?”

~

Ricevo una porta sbattuta al posto degli applausi, ma per un po’ mi lasceranno in pace. Nel mentre anche Annamaria si è svegliata.

“Scusa eh” le dico, “tendo a essere polemica e poi questa cosa della croce, della religione, mi da sui nervi.”

“Tranquilla gioia, non preoccuparti. Che c’è da mangiare?”

“Indovina? Pastina.” Non ho mai avuto niente contro la pastina, ma al terzo giorno e quinto pasto di pezzetti di farina galleggianti inizio ad averne la nausea.

“Che dici,” continuo “richiamo quei due e ordiniamo una pizza?”

Sorride. Sorride così poco questa donna! I suoi occhi, più anziani dei miei, sono un pozzo di vita stantia dove ogni tanto si riesce a intravedere un leggero tremolio sul fondo di un attimo.

Mangiamo in silenzio. Ci siamo già raccontate così tanto ieri! E le parole hanno bisogno di sedimentare così come i farmaci o i pensieri. Io non ho né parole né fame e lascio il piatto intatto.

“Devi mangiare…” è subito entrata nel ruolo di mamma, anzi, di zia saggia e comprensiva. “Non ho fame. Sono stanca.” Da quanto tempo sono stanca? Giorni, settimane? Non ricordo l’ultima volta in cui ho accolto il mattino dicendo: “Che bello! Come mi sento bene!”

Devo svincolarmi da questo torpore.

“Vado a farmi due passi in cortile”, ovvero una spianata di cemento lunga venti metri. “Va bene gioia, a dopo.” È lei a rispondere o una voce lontana? 

Mi alzo e corro a sbirciare dalla fessura della porta. Nessun infermiere in vista, via libera.

~

Il cortile è pieno di gente. L’ora delle visite, certo! Ancora non mi sono entrati in testa gli orari. Decisamente troppa gente, ho bisogno di pace. Saluto a malincuore il tiepido sole di marzo e mi rintano nel buio corridoio del secondo piano. Là non mi disturberà nessuno.

“Che leggi?” E questo da dove è spuntato! Un grasso hobbit in versione metallaro dai capelli lunghi e folti baffi a manubrio. Ma che cazzo vuole?

“Ehm, Terzani…”

“Romanzo d’amore?” Niente, è determinato a scassarmi i coglioni.

“Non proprio…” Sorrisetto un po’ da intellettuale di sinistra che si crede superiore a chiunque non legga almeno due libri a settimana e non conosca la nakbha palestinese. Sono proprio una stronza.

“Ah. Io leggo solo la Bibbia.” ‘Non ridere, Lea non ridere.’

“Ah davvero? Ma sai che è proprio l’unico libro che non leggo?”

“Io studio i Mormoni. Dicono che dio sia nato in Argentina, e possono avere tante mogli.”

Alla faccia della devozione disinteressata! Ma non lo dico e deglutisco la risata. Però non posso trattenermi, è troppo.

“Interessante… E quanti mariti posso avere io?” “Solo uno.” Sai che sorpresa.

“Eh, mi spiace, allora penso che tornerò a leggere Terzani…”

L’hobbit metallaro, incassata la sconfitta, riprende a deambulare verso una meta ignota.

Ma sono finita nella clinica dei devoti? Non basta essere matti, pure religiosi! Follia molto più dannosa delle sinapsi impazzite a mio avviso, ma non vorrei innescare uno sterile dibattito teologico.

Mi reimmergo quindi nel mio allegro libro sui massacri in Cambogia, dove per lo meno ci si ammazza per ‘ideologie’ politiche invece che religiose, cercando di dimenticare le mie ben più triviali afflizioni.

Illustrazione di Luca Savino
Eva Moriconi

Ho cercato di mitigare le mie origini milanesi vivendo in dieci stati e quattro continenti negli ultimi tredici anni. Ho accumulato una serie di professioni che la grammatica definirebbe ‘in antinomia’, ma la vita fa spallucce ribattendo alla Woody Allen: “Basta che funzioni”.  Sono stata artista di strada, antropologa, insegnante di yoga, assistente legale negli USA e sassofonista notturna. Ho studiato diritto delle migrazioni probabilmente per legalizzare la mia condizione di nomade seriale. Ho collaborato con Melting Pot e Ultima Voce scrivendo seriosi articoli di immigrazione e diritti umani. Un anno e mezzo fa, dopo un’allegra villeggiatura in clinica psichiatrica, ho mollato tutto per la narrativa. Sguazzo felice tra le realtà mentre il mio conto in banca soffre. A novembre 2024 ho vinto una borsa per il Master di Scrittura Creativa della Molly Bloom di Roma, per la quale sto scrivendo un romanzo, mah. Ho terminato una raccolta di racconti surreali che probabilmente non leggerete mai.

Una risposta

  1. Avatar Vincenzo LIGUORI
    Vincenzo LIGUORI

    Notevole.
    Una bella voce con qualcosa da dire.
    La presenza/assenza di Dio (attraverso la sua rappresentazione plastica del crocifisso) in un reparto di psichiatria è davvero interessante.
    Complimenti!

    Spero che lei scriva presto il suo romanzo perché sarei curioso di leggerlo.

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